lunedì 21 aprile 2014

Meccanismi

La prima volta che ha aperto un regalo sarà stata una delusione pazzesca. Come minimo si aspettava una macchinina rossa e gliene è arrivata una blu, forse della polizia, lui che voleva fare il ladro. Sì, a quei tempi si giocava ancora a guardie e ladri; lui faceva sempre il ladro, il predone, perchè si sentiva più in linea con il ribelle, con quello che deve andare contro le regole con onore. Sì, già da piccolo la sua indole ribelle da "Into the wild" (citazione facile prêt-à-porter) si faceva sentire, dirà anni dopo, mentre cerca di farsi bello agli occhi femminili, questa volta indagatori, non più estatici come quelli di mammà.
Ma poi, ma poi sono arrivati i grandi. I grandi con le loro manie di persecuzione dell'innocenza. I grandi con i loro occhi pateticamente attenti solo nel momento della calunnia e dell'impropero, per il resto sempre così occupati nei cazzacci loro. E' stato allora, quando ha rotto il vetro con il pallone, a decidere del suo futuro? O è stato quando la mamma per la prima volta l'ha colto con le mani nel sacco (non specifichiamo quale sacco, suvvia)? 
Perché lì, di sicuro, ha solennemente promesso di tracciare una linea rossa, come la sua macchinina agognata, tra se stesso e gli altri. Diceva "gli altri" per rimanere nel vago, perchè dire una cosa precisa come "i grandi", puntare il dito in un J'accuse, in fondo, è cosa da adulti, e lui adulto non era e non lo sarebbe stato mai. Una cosa da grandi comporta una certa responsabilità, in teoria. E responsabilità vuol dire che non ti puoi tirare indietro, mentre lui, il nostro cowboy solitario nella campagna urbana, quella riga rossa voleva poterla varcare di nuovo, all'occorrenza. 
Capita che ti venga da piangere, capita che la cazzata che fai è più grossa e hai bisogno di aiuto, aiuto serio, quello dei soldi. Basta resistere un po' alla ramanzina e mostrare un volto contrito e serio, "non lo farò più, prometto, ho capito la lezione". E poi via, con un balzo di nuovo al di là della riga e chi s'è visto s'è visto. Corri più veloce della luce,  il malloppo stretto in mano. 
Sarà stato un loop spazio-temporale quello in cui è balzato a piè pari, fatto sta che da allora più nulla è cambiato. Quello che si vuole va ottenuto, se non subito, in tempi ragionevoli. Si è raccolto un attimo e ha inventato la sua storia di cavallo partorito da una coppia di asini. Lui, l'eletto; lui, il migliore, investito di una carica invisibile ma importante, cavaliere contro la decadenza dei tempi. 
Non ha mai smesso di giocare, che è importante, dicono. Solo che l'importanza del gioco riguarda un padroneggiare la parte inesplorata della mente, invece lui gioca con gli oggetti dei grandi, è un bambino con i peli sulle gambe che ancora si traveste da papà. Solo che papà andava in ufficio, che palle. Lui si traveste da papà ma come se papà fosse stato un papà in gamba, uno che esce alle 6 del mattino e alle 12 torna con la selvaggina appesa al braccio. 
Ed ecco, anche lui va a caccia di selvaggina, roba fresca da ingurgitare. Ci va con la sua macchinina blu: sì, alla fine l'ha comprata blu, forse gliel'hanno regalata - di nuovo- ma a motore, perchè è un gioco da grandi. Una macchinina che va con i soldini, che gioco impegnativo. Va a cacciare la sua selvaggina tra banchi frigo, la sceglie con cura, la agguanta, la soppesa. Quella non fa resistenza, perchè è avvolta nella plastica. Che succede, non sarà mica diventato come papà?
E' forse a tutti gli effetti una guardia e non più un ladro? Dov'è finito quel tocco supertramp che fa sbattere le ciglia ripetutamente alle ragazze (tutte mammine in miniatura, si intende)?
Scartabella, dunque, un po' su Internet. Fa la lista della spesa di ciò che gli serve per diventare quello che vuole sembrare. Questa nuova maschera va un po' perfezionata. Soprattutto perchè ce n'è una, di mammina, che vorrebbe agguantare come il pollo nella vaschetta di polistirolo che ha comprato prima. Impossibile non farcela, si dice, perché la mamma, ogni volta che lui piangeva, correva da lui con le poppe al vento. La mamma, si dice, dovrebbe essere soggiogata dalle sue lusinghe, dovrebbe rispondere docile al suo invito, dovrebbe scattare subito sull'attenti perchè ha alzato la voce, ha gridato, com'è possibile che non si giri nemmeno questa volta, forse non sente. Grida più forte.
Povero piccolo, lasciato solo con il suo senso d'abbandono e i suoi idoli che diventano fantasmi. Che ossessione dovrà combattere per i mesi, gli anni, a venire. Che scrupolosità nello sbirciare tra le foglie del giardino, aspettando che la mammina si accorga della sua assenza e cominci a cercarlo. Lui l'avrebbe guardata fino a che le lacrime non sarebbero iniziate a scendere, allora prontissimo sarebbe scattato fuori dal suo nascondiglio e l'avrebbe catturata. Sei mia! Quanto aveva pregustato quel momento. Ma niente.
Quella non se ne accorge. Quella pensa ad altro. Quella ha la sua personale linea rossa e l'altra sera gliel'ha tracciata lì, sotto gli occhi, a un centimetro dai piedi. 
E allora, mamma, sai cosa faccio? Ti odio. Ti odio perché sei indifferente, perché mi hanno buttato su questa terra e non l'avevo chiesto io, non sono nemmeno libero di scegliere quello che voglio perché quello che voglio non è mai quello che ottengo. Ho scelto una macchinina rossa, me ne hanno regalata una blu e sai perché? Perché sono stato sciocco a volere proprio quell'orribile macchina rossa; in fondo, cos'ha in più di quella blu? E poi quel rosso così invadente, così volgare. Ora che ci penso, è da sfigati la macchina rossa. 
Inizia l'opera di decostruzione, pezzo per pezzo, della macchinina rossa, della mammina tettuta che vorrebbe così tanto e che lo rifiuta. Basta pestare i piedi, adesso è ora di osservare minuziosamente la macchina mammina e demolirla, poco a poco. Questo non va, quest'altro nemmeno. E più la demolisce più è costretto a osservarne la lucida carrozzeria, le ruote, le gomme, la marmitta, i finestrini, gli interni in pelle morbida, il volante rotondo. Va in pezzi lui stesso. Perché ora che ha buttato la macchinina rossa e si è tenuto, così vividi, i ricordi, non riesce a trovarne manco mezza blu. Non esiste un blu come dice lui. Non esiste un blu che sia rosso.